Birrificio Beer Park

Quella di Beerpark è una storia di cuore e di testa, una di quelle rare congiunzioni tra passione, volontà, capacità imprenditoriali e occasione del momento che costituiscono la migliore premessa per la nascita di una nuova realtà.

Mentre ce ne stiamo seduti a chiacchierare nello stabilimento di Fossa (L’Aquila), tra fermentatori e macchinari per la cotta, l’aspetto razionale che governa l’operazione Beerpark e quello passionale che ne costituisce il cuore pulsante fanno capolino a turno tra le parole di Marco D’Aurelio, uno dei soci proprietari, e quelle di Luca Fusè, il birraio (ma non chiamatelo mastro, per carità!).

Tutto nasce pochi mesi fa, ancora nel pieno del clima Covid, in un momento in cui la gran parte delle imprese italiane stava subendo la pressione di una situazione insostenibile, che ha purtroppo decretato la chiusura di tante attività. In questo momento di crisi un gruppo di amici imprenditori originari della Marsica decidono di gettare il cuore oltre l’ostacolo e iniziano a mettersi in cerca di una nuova idea sulla quale riversare passione e risorse.

La buona sorte che aiuta gli audaci ci mette lo zampino perché Fusè, loro amico e al corrente di questa iniziativa, è anche a conoscenza della situazione dell’ormai ex birrificio Alkibia, la cui proprietà stava meditando una qualche forma di rilancio. Luca mette in comunicazione i due soggetti e la storia comincia a fare il suo corso. Dopo i primi contatti il gruppo di imprenditori fa una proposta d’acquisto per lo stabilimento che viene accettata, e così sulle spalle di Alkibia sorge il sole nuovo di Beerpark. Luca Fusè, già birraio di Alkibia dopo la partenza di Luca Liberale, viene immediatamente richiamato da Marco e dagli altri soci che gli consegnano idealmente le chiavi dello stabilimento garantendogli massima libertà sul fronte tecnico.

Mentre D’Aurelio racconta gli sviluppi futuri che immagina per la neonata creatura imprenditoriale non riesce a contenere un palpabile entusiasmo. La produzione, già avviata, in questa prima fase farà leva sul passaparola e sull’importante rete di contatti che il gruppo di proprietari può garantirle. Ma subito dietro l’angolo c’è la possibilità di uno, o forse due, brewpub, di una distribuzione più capillare e comunque di una attenzione particolare al mercato dell’Abruzzo interno, tra l’Aquilano e la Marsica, come immediata rampa di lancio dell’operazione. Poi chissà, con questo entusiasmo e questa convinzione è difficile prevedere limiti.

La grafica e l’idea dietro il nome del brand e delle singole birre è un omaggio al territorio attraverso l’idea stessa di Parco e il richiamo alla fauna selvatica che lo popola, e quindi l’orsa, la donnola, la volpe e la lupa denominano quattro birre dai quattro caratteri diversi, ognuno richiamato in qualche nome dalle caratteristiche di un animale.

Una bella storia insomma, ma ora parliamo di birre e vedrete che non farà altro che migliorare.

Le quattro linee attualmente in produzione rispecchiano un approccio intelligente e interessante, ragione e sentimento insomma: la scelta di raggiungere un pubblico il più ampio possibile portandolo però a un consumo di qualità, senza compromessi. Una scelta che rispecchia in pieno il carattere del birraio, che dall’alto di un’esperienza notevole in ambiti anche molto di nicchia (in passato ha creato birre spaziando dal sambuco alla patata, per capirci) ha però l’apertura mentale di non mettersi a fare lezione dal pulpito: se il cliente vuole “una rossa” o “una doppio malto” non c’è problema, sta al bravo birraio capire come indirizzarlo.

Partiamo allora dalla Volpe, una Blonde Ale che incarna l’idea di “bionda” che molti fruitori non necessariamente formati possono avere. Si tratta in effetti di un piccolo capolavoro che strizza l’occhio alle alte fermentazioni tedesche (qualcuno ha detto Kölsch?) mantenendo una bevibilità e una freschezza che nella canicola di queste giornate potrebbero dare dipendenza.

La Lupa è una American Pale Ale piuttosto classica che farà sicuramente la felicità degli amanti del luppolo, con un amaro definito ma non eccessivo e una bella dose di aroma donata dalle generose aggiunte in whirpool.

L’Orsa è un piccolo colpo di genio, una English Brown Ale dalla beva semplicissima eppure ricca di sentori maltati che ne fanno un prodotto di “complessità facile”, se ci passate l’espressione, strutturato ma al contempo fresco al palato e leggero dal punto di vista alcolico. Veramente da provare.

E a proposito di bevute imperdibili, ma per i motivi opposti, la Donnola, big beer e attuale ammiraglia della casa, vi lascerà senza fiato.

Tripel di tradizione belga, porta al naso una tempesta di profumi, soprattutto esteri fruttati, lascito di una fermentazione ai limiti alti del range di temperatura, che si prendono la scena rubandola alla nota alcolica, che per arrivare, arriva, ma in forma molto mascherata. Una bevuta tutto sommato facile che tutto sembra dichiarare tranne i nove gradi e mezzo riportati dall’etichetta. Trovatela e fatela vostra.

 

Birrificio situato a l’Aquila:
Via San Lorenzo, 21 67020, Fossa, L’Aquila.

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